Nella filosofia buddista del Ladakh, si dice che il tempo – come lo spazio – non ha inizio né fine; che è ciclico, non lineare.

La nostra cultura, invece, è dominata dalla nozione diffusa di “progresso”: una marcia tecnologica verso un futuro sempre “migliore”.

E’ l’ora di fare un pensiero radicale: il futuro sembrerà più indigeno che tecnologico. Forse il progresso non comporterà una marcia in avanti, ma un voltafaccia.

Le mie esperienze nell’antica cultura del Ladakh,  basata sulla natura, mi hanno permesso di vedere la cultura industriale occidentale, per così dire, dall'”esterno”. E quello che vedo è una svolta culturale, verso un futuro antico.

Nel mio libro, Ancient Futures (Ispirarci al passato per progettare il futuro, Arianna editrice NdT)  ho descritto il mio incontro con il popolo Ladakhi a metà degli anni ’70. Erano di gran lunga le persone più felici e più sane che avessi mai incontrato. I bambini piangevano raramente. Gli adulti non erano quasi mai stressati o sotto pressione per il tempo. Il cibo era prodotto in modo sostenibile e in abbondanza. E i sorrisi delle persone erano quasi costanti: ampi e disinibiti.

In molti anni di convivenza con i Ladakhi e parlando la loro lingua, ho capito che la loro profonda felicità era soprattutto una conseguenza di comunità forti, modellate da strutture a misura d’uomo che assicuravano relazioni strette, responsabili e intergenerazionali tra loro e il mondo naturale. Il benessere dei Ladakhi, in altre parole, nasce da una profonda connessione con tutta la vita.

Da allora, promuovendo la localizzazione, ho promosso un futuro basato su quell’antica saggezza.

Nel “nuovo mondo coraggioso” del 2021, sto assistendo all’inizio di un tale futuro. Sto assistendo a un ritorno a pratiche che mi ricordano ciò che ho visto nel Ladakh tradizionale: padri che portano i bambini sulla schiena; comunità sedute in cerchio; i giovani che scelgono di lasciare il lavoro sullo schermo per diventare agricoltori; reti informali di mutuo soccorso; amici che fanno giardinaggio, cucinano e cuociono il pane insieme; famiglie che scelgono di vivere sulla terra e sviluppano relazioni con gli animali e le piante che li circondano.

Questi sono esempi di quelli che chiamo “microtrend del futuro antico”. Sono rafforzati dal crescente rispetto per la saggezza indigena, per le donne e per il femminile, l’amore per la natura selvaggia, un crescente apprezzamento per tutto ciò che è vernacolare, fatto a mano, artigianale e locale e l’emergere di pratiche alternative ed ecologiche in ogni disciplina: dalla medicina naturale all’edilizia naturale, dall’ecopsicologia all’agricoltura ecologica. Sebbene queste discipline siano state spesso oggetto di  cooptazione aziendale e di greenwashing, non c’è dubbio che sono  emerse dagli sforzi dal basso verso l’alto per ripristinare un rapporto più sano con la Terra.

Non supportata da alcun  governo e non rappresentata da alcun media, questa fioritura di alternative mi dà una profonda fede nella natura umana e speranza per il futuro. Credo che la saggezza intrinseca dell’umanità – la nostra bussola innata verso la connessione con la vita – si stia rivelando in queste numerose iniziative. E se un numero sufficiente di noi si prende per mano, abbiamo il potenziale per creare un movimento abbastanza potente da superare le forze di dominio dall’alto verso il basso, fatte di dipendenza e divisione e che sono così distruttive per le persone e la biosfera.

Tieni a mente queste parole ogni volta che senti, come facciamo tutti noi, che il sistema è troppo grande per essere cambiato, o che le società globali sono troppo potenti o che il futuro è completamente fuori dal nostro controllo.

Per citare Jeremy Lent, nella mia recente conversazione con lui: “La stessa parola “futuro” può essere vista non come un sostantivo ma come un verbo. È il dispiegarsi di ciò che tutti noi stiamo facendo in questo momento che crea le condizioni per qualunque cosa accada dopo”.

Vi ringrazio profondamente per esservi impegnati con il nostro lavoro e con quello del più ampio movimento di localizzazione. Spero che il vostro impegno continui a crescere nei prossimi anni, man mano che le esigenze e le opportunità di coinvolgimento diventano sempre più evidenti.

Helena Norberg-Hodge.
Founder & Director, Local Futures   www.localfutures.org

 

Helena Norberg-Hodge è una pioniera del movimento new economy e ha ricevuto sia il Right Livelihood Award (Premio Nobel Alternativo) che il Goi Peace Prize. Attraverso scritti e conferenze pubbliche in tre continenti, promuove da oltre 40 anni un’economia del benessere personale, sociale ed ecologico. È la fondatrice e direttrice di Local Futures e dell’International Alliance for Localization. Ha prodotto e co-diretto il film pluripremiato “Economia della Felicità” ed è l’autrice del libro best seller “Ancient Futures” tradotto in 30 lingue. Helena è anche membro fondatore del Forum internazionale sulla globalizzazione, della Commissione internazionale sul futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura e del Global Ecovillage Network.