Di Tim Parrique. Pubblicato a maggio 2023 in “Imagining Europe Beyond Growth”. Traduzione e introduzione di Mario Sassi.

Traduciamo il breve articolo che Tim Parrique, ospite anche all’incontro di Venezia 2022, ha scritto per “Imagining Europe Beyond Growth”, la pubblicazione preparata prima della conferenza di Bruxelles “Oltre la crescita” (di cui abbiamo scritto qui, qui e  qui), che spiega per grandi linee l’evoluzione del concetto di decrescita negli ultimi 15 anni.
Personalmente ritengo questa evoluzione e diffusione molto positiva, ma non “gratuita”: infatti, essa ha anche portato un certo “annacquamento” del concetto di decrescita che si sta trasformando in un senso un pò “riformista”, perdendo la sua iniziale carica rivoluzionaria “contro” l’economia, la scienza, la modernità, ecc.

Per una ricostruzione più completa degli ultimi venti anni di decrescita, rimandiamo all’intervista di Mauro Bonaiuti a Serge per l’incontro di Venezia 2022, disponibile a questo link.
Ritorneremo presto e meglio su questi temi. 

 

L’aumento di popolarità della decrescita

La decrescita non è più una “parolaccia”. Vent’anni dopo la nascita della décroissance in Francia, il concetto ha viaggiato in lungo e in largo. Nato come uno strano miscuglio tra slogan di attivisti e gergo scientifico, il termine è diventato uno dei temi più di tendenza della politica ambientale contemporanea.

L’economia della ciambella di Kate Raworth ha ispirato nuove forme di pianificazione urbana ad Amsterdam e Bruxelles. Scozia, Nuova Zelanda, Islanda, Galles, Finlandia e Canada hanno progettato indicatori alternativi di prosperità in linea con l’economia del benessere. Il gruppo di riflessione europeo ZOE ha organizzato diversi eventi intorno al tema delle politiche (policy making) oltre alla crescita. Lo studioso marxista giapponese Kohei Saito è diventato un fenomeno mediatico dopo aver venduto mezzo milioni di libri, sostenendo che il comunismo della decrescita potrebbe arrestare la crescente emergenza climatica (1).

L’Agenzia europea per l’ambiente ha proposto una  crescita senza crescita economica (2); e nel settembre 2018 (e poi nel maggio 2023, NDT), il Parlamento europeo ha ospitato la conferenza sulla post-crescita, uno sforzo senza precedenti per portare queste idee nella politica europea.

Due sono le ragioni che spiegano l’aumento di popolarità delle idee critiche sulla crescita. In primo luogo, la controversa convinzione dei primi attivisti della decrescita si è trasformata in una scienza rigorosa. All’epoca della prima conferenza internazionale sulla decrescita nel 2008 c’erano solo una manciata di articoli accademici sull’argomento. Un decennio più tardi, la letteratura è fiorita fino a contare più di 600 studi scientifici (3). In una revisione di più di mille testi, abbiamo abbiamo identificato 380 strumenti politici per la transizione verso la decrescita (4). La ricerca offre ora una preziosa cassetta degli attrezzi di concetti e strategie, tra cui sofisticati disegni di politiche di riduzione dell’orario di lavoro, di limiti alla ricchezza e al reddito e di welfare, oltre a discussioni più generali su green new deal, lavoro sostenibile e modelli di business alternativi (5).

La seconda ragione riguarda il contesto ecologico. L’aggravarsi della policrisi ecologica e gli scarsi risultati delle politiche ambientali favorevoli alla crescita hanno reso il piano B della decrescita più attraente di quanto non lo sia mai stato. La marea sta cambiando e quella che prima era considerata una  posizione pragmatica (la crescita verde) sta gradualmente diventando un’utopia irrealistica. Nell’estate del 2019, diversi colleghi e io abbiamo pubblicato “Decoupling debunked: Prove e argomenti contro la crescita verde come come unica strategia per la sostenibilità”, un rapporto per l’Ufficio europeo dell’ambiente. Abbiamo concluso che non esistevano prove empiriche a sostegno di un disaccoppiamento che si avvicini alla scala necessaria per affrontare il dissesto ambientale e che che tale disaccoppiamento sembra improbabile che si verifichi in futuro. Quattro anni fa, questa era una bestemmia. Oggi questa visione è quasi mainstream (6).

L’idea sta diventando popolare, ma la strada da percorrere è ancora lunga. Anche la scelta dei titoli delle conferenze del Parlamento europeo (“Post-crescita” nel 2018 e “Oltre la crescita” nel 2023) dimostra che non tutti si sentono a proprio agio nell’usare la parola “decrescita”, che però non può essere “green-washed” per screditare le sue proposte più radicali. La lezione che dovremmo trarre dagli ultimi decenni di politica ambientale è che qualsiasi cosa sia stata tentata fino ad ora non è riuscita a metterci sulla strada della sostenibilità. Ora più che mai mai, è il momento dei piani B. Il discorso critico sulla crescita (la decrescita come transizione e la post-crescita come destinazione) offre un solido corpo di conoscenza e di know-how per provare cose nuove.

 

NOTE DI CHIUSURA

  1. Timothée Parrique (2023). “Economic growth is fuelling climate change – a new book proposes ‘degrowth communism’ as the solution”. The Conversation. March 2023. Available at <https://theconversation.com/economic-growth-is-fuellingclimate-change-a-new-book-proposes-degrowthcommunism-as-the-solution-199572>.
  2. “Growth without economic growth”. European Environment Agency. January 2021. Available at <https://www.eea.europa.eu/publications/growth-without-economic-growth>.
  3. Timothée Parrique (2019). The political economy of degrowth. Université Clermont Auvergne & Stockholm University. Available at <https://theses.hal.science/tel-02499463>.
  4. Nick Fitzpatrick, Timothée Parrique & Inês Cosme (2022). “Exploring degrowth policy proposals: A systematic mapping with thematic synthesis”. Journal of Cleaner Production, Vol 365, September 2022. Available at <https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2022.132764>.
  5. Giorgos Kallis et al (2013). ““Friday off”: Reducing Working Hours in Europe”. Sustainability 2013, 5(4), pp. 1545-1567. Available at <https://doi.org/10.3390/su5041545>. – Hubert Buch-Hansen, Max Koch (2019). “Degrowth through income and wealth caps?”. Ecological Economics, Vol 160, pp. 264-271. Available at <https://doi.org/10.1016/j.ecolecon.2019.03.001>. – Tuuli Hirvilammi (2020). “The Virtuous Circle of Sustainable Welfare as a Transformative Policy Idea”. Sustainability 2020, 12(1), 391. Available at <https://doi.org/10.3390/su12010391>. – Riccardo Mastini, Giorgos Kallis & Jason Hickel (2021). “A Green New Deal without Growth?”. Ecological Economics, Vol 179, January 2021. Available at <https://doi.org/10.1016/j.ecolecon.2020.106832>. – Halliki Kreinin, Ernest Aignerand (2021). “From “Decent work and economic growth” to “Sustainable work and economic degrowth”: a new framework for SDG 8”. Empirica, Vol 49, pp. 281–311. Available at <https://doi.org/10.1007/s10663-021-09526-5>. – Iana Nesterova (2020). “Degrowth business framework: Implications for sustainable development”. Journal of Cleaner Production, Vol 262, July 2020. Available at <https://doi.org/10.1016/j.jclepro.2020.121382>.
  6. Timothée Parrique (2022). “Decoupling in the IPCC AR6 WGIII”, April 2022. Available at <https://timotheeparrique.com/decoupling-in-the-ipcc-ar6-wgiii/>
  7. Timothée Parrique (2022). “Sufficiency means degrowth”, April 2022. Available at <https://timotheeparrique.com/sufficiency-means-degrowth/>