di Maria Elena Bertoli

Resoconto di un prezioso incontro organizzato dal Gruppo Pedagogia e Letture dell’Associazione per la decrescita

 

Sabato 18 febbraio, nel teatrino di Camere d’aria, un accogliente centro culturale bolognese, una trentina di insegnanti e educatori, per lo più giovani, hanno partecipato all’incontro dal titolo “E’ questa l’educazione che ci meritiamo?” dialogando con tre importanti pedagogisti italiani: Mauro Boarelli di Bologna, Sergio Tramma dell’Università Milano-Bicocca e Lorenzo Biagi dell’Università Salesiana di Venezia (IUSVE).

Il tema era quello della penetrazione del pensiero neoliberista nel mondo dell’educazione, una
penetrazione iniziata da anni e divenuta oggi eclatante. Tema drammatico e bruciante che ha generato un clima di intensa partecipazione e coinvolgimento, di profonda attenzione e di sovrabbondanza di domande che emergevano nel gruppo e che stimolavano, a spirale, sempre nuove riflessioni, analisi e scambi fra i partecipanti.

Mauro Boarelli, autore del prezioso volume “Contro l’ideologia del merito” (Laterza, 2019), ha ricostruito la storia di questa massiccio ingresso dei criteri tecno-imprenditoriali nel mondo scolastico, storia che ha avuto inizio con la formulazione del concetto di “capitale umano” da parte della scuola di Chicago nei primi anni Sessanta.

Il massimo dell’azzardo – nell’ambito delle dichiarazioni di intenti – si è avuto forse nel 2012, anno in cui in una comunicazione dell’Unione Europea dal titolo “Ripensare l’educazione” si è arrivati ad affermare che “gli stati membri dovrebbero promuovere l’abilità imprenditoriale fin dalla scuola primaria” e che “i giovani devono fare almeno un’esperienza imprenditoriale nel mondo reale” il quale – si noti – viene qui ad essere identificato tout court col mondo dell’impresa.

Altro elemento di questa sorta di colonizzazione della scuola da parte dell’immaginario tecno-economico è consistito nell’introduzione sistematica della valutazione standardizzata nelle attività formative e nella connessa riduzione della valutazione a misurazione. Infatti – fa notare Boarelli – se la valutazione è certamente un elemento importante del processo di apprendimento, tuttavia, nel momento in cui la riduciamo a misurazione quantitativa, ci sfuggono tutti gli aspetti non misurabili, che sono invece estremamente preziosi per capire il percorso di crescita e di apprendimento dell’alunno. Inoltre, l’enfasi sulla misurazione distoglie l’attenzione dalla dimensione comunitaria dell’apprendimento e focalizza tutto sull’alunno inteso come individuo di cui si tratta di accrescere le competenze (profittevolmente) spendibili. Niente a che vedere con un’idea di scuola come spazio di relazioni autentiche e di dialogo attraverso i valori culturali, che porti alla formazione della persona umana, spazio di dialogo attraverso la cultura e di crescita democratica.

Boarelli ha fatto notare anche che, a partire dagli anni Novanta, nel processo sociale di estensione al settore pubblico delle forme di organizzazione proprie del settore privato, fra le quali appunto la valutazione standardizzata della “produttività”, la scuola è stato il primo laboratorio e che da essa poi tale modalità valutativa è passata in forze alla pubblica amministrazione e alla sanità.

Il prof. Tramma ha poi proseguito il discorso mostrando come la scuola, da spazio protetto dal mercato, sia diventata progressivamente, negli ultimi decenni, un ambito di riproduzione delle logiche di mercato. Effettivamente, le soluzioni imprenditoriali nel mondo della scuola sembrano essere vincenti anche perché – nota Tramma – sono effettivamente scarse le resistenze dei docenti nei confronti di questo ingresso a gamba tesa dell’impresa nella scuola.

Per Tramma oggi l’educazione non è più elemento di trasformazione sociale: mancano i soggetti sociali del cambiamento, sono scomparse le visioni critiche dell’esistente.

Ecco allora che gli insegnanti vengono istruiti ad insegnare l’adattamento creativo e la resilienza

dando implicitamente per presupposto che la realtà sia una variabile indipendente, mentre è essenziale insegnare il pensiero critico attraverso una educazione trasformativa che recuperi il valore del conflitto. Conflitto – sottolinea Tramma – che non necessariamente deve essere adattativo: nel conflitto, infatti, ci può essere qualcuno che vince e qualcuno che perde in modo che le risorse siano allocate laddove è più giusto che stiano.

Anche Lorenzo Biagi sottolinea come il linguaggio del mercato abbia colonizzato la scuola (è il linguaggio che dà forma alla nostra vita): si parla di portfolio, di debiti, di crediti, di performance, di successo formativo (sic!).

Tutto, alla fine, mira al denaro, al profitto. D’altra parte, come dice Galimberti, è il denaro l’unico generatore di valore del nostro tempo. Tuttavia – per Biagi – esistono spazi di libertà che possono essere giocati, ad esempio, nella relazione educativa con gli alunni e nel dialogo educativo in classe. Da non sottovalutare l’apporto dei pensatori critici dell’educazione che, in ambito accademico, possono essere ripresi e riproposti ai docenti per fecondare le loro prassi educative.

Nel dialogo che ha seguito le relazioni sono stati davvero molti e appassionati gli interventi.

Tre o quattro su tutti: quello di Debora, educatrice nei servizi, che ci ha raccontato di quanto le pratiche aziendaliste di misurazione siano penetrate nel suo contesto di lavoro e di come ciò faccia perdere il senso della loro attività educativa nel senso che gli operatori rischiano di fare attività autoreferenziali per giustificare i soldi che vengono spesi. Marianna, educatrice a Bologna, ci ha raccontato poi di come gli spazi formativi a cui sono normalmente tenuti a partecipare, come aggiornamento, siano strutturati in modo da configurare i destinatari come fruitori passivi: come se si trattasse di sorbirsi una formazione standardizzata che viene loro ammansita come una merce. Infine, Giulia, che ha studiato nell’epoca di Renzi, dice di aver introiettato l’idea della necessità di far raggiungere agli alunni le otto competenze di base (indicate dalla Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018). Giulia e Martina notano che i ragazzi mancano di desideri loro, di qualcosa di grande da inseguire, mancano della dimensione etica.

I relatori riprendono sottolineando che lo sgomento si supera costruendo sul territorio spazi e momento di riflessione che possano supportare le insegnanti e gli insegnanti nella realizzazione di pratiche educative difformi da quello che il sistema chiede loro.

Si tratta di avere una chiara visione di quello che sta succedendo e di agire per allargare tutte le crepe possibili in cui ci veniamo a trovare perché, per quanto la spinta omologante sia forte nella direzione di una educazione per l’impresa, tuttavia l’ideologia della autoimprenditorialità è già in crisi, come ha sottolineato, in un suo intervento, il presidente dell’Associazione per la decrescita Mauro Bonaiuti, presente all’incontro.

Bonaiuti ha sottolineato anche l’importanza di intraprendere un percorso di messa a sistema dei vari snodi pedagogici che possono costituire una visione complessiva di pedagogia nell’ottica della decrescita. E, riprendendo la questione, posta da Tramma, sui soggetti del cambiamento, egli indica che il soggetto della trasformazione potrebbe essere rinvenuto nelle comunità locali trasformative.

Al gustoso il pasto vegano frugale offertoci dai ragazzi di Camere d’aria sono poi seguiti i preziosi laboratori pomeridiani nei quali i gruppi hanno potuto proseguire la loro riflessione attorno ad alcune parole chiave, conoscersi, scambiarsi idee e cercare nuove piste per presentare infine il loro lavoro in plenaria.

Come Gruppo Pedagogia e Letture dell’Associazione per la decrescita riprenderemo il dialogo su pedagogia e decrescita nel secondo appuntamento di questo percorso che è fissato per il 15 aprile.

In tale incontro cercheremo di delineare i tratti di un nuovo modello pedagogico per uscire dalla distopia educativa che il sistema scolastico attuale ci propone.

Per ricevere informazioni sull’incontro del 15 aprile (che verranno peraltro pubblicate a breve sul sito decrescita.it) o per iscrivervi potete inviare una mail a pedagogia.decrescita@gmail.com