Traduzione di G. Massaro del Gruppo Internazionale dell’articolo “Economic growth is fuelling climate change – a new book proposes ‘degrowth communism’ as the solution” di Timothée Parrique.

 

La crescita economica alimenta il cambiamento climatico – un nuovo libro propone il concetto di “comunismo decrescente” come la possibile soluzione.

Mi viene spesso fatto notare come la Decrescita, ovvero il ridimensionamento pianificato di produzione e consumi per ridurre la pressione sugli ecosistemi terrestri, sia un concetto difficile da proporre. In questo scenario, un professore trentaseienne, associato dell’Università di Tokyo si è contraddistinto per la sua teoria su come il “comunismo decrescente” possa invece porre freno al cambiamento climatico. 

Kohei Saito, autore del bestseller Il capitale nell’antropocene, è tornato alla carica con un nuovo libro: Marx nell’antropocene: verso l’idea di comunismo decrescente (Marx in the Anthropocene: Towards the Idea of Degrowth Communism). Quest’ultimo lavoro è pesante, soprattutto per le persone non abituate al gergo marxista e che dubito abbiano a cuore se Karl Marx si fosse avvicinato o meno all’ecologismo negli ultimi anni della sua vita.

Eppure, il modo in cui Saito cita le teorie marxiste per fare un appello ”all’abbondanza di benessere nel comunismo decrescente” (il titolo dell’ultimo capitolo del suo libro) è tanto puntuale quanto avvincente. Questo è ciò che ha attirato la mia attenzione come economista che lavora sulla decrescita: i tentativi di Saito di riconciliare il marxismo con idee più recenti sulle alternative alla crescita economica potrebbero portare le critiche al capitalismo ad un livello di popolarità senza precedenti.

La crescita economica crea scarsità

Saito capovolge il concetto di crescita economica. Molte persone pensano che la crescita ci renda più ricchi, ma cosa succederebbe se facesse esattamente il contrario?

Il prodotto interno lordo (PIL), uno strumento di misura monetario della produzione, può aumentare perché qualcuno privatizza un bene comune – fenomeno definito dal geografo britannico David Harvey come “accumulazione per espropriazione”. Si recinta una risorsa a cui le persone potevano accedere in precedenza gratuitamente e inizia a vendergliela.

Questa estrazione della rendita ha l’effetto di gonfiare il PIL, ma non crea nulla di utile. Al contrario,, impedendo alle persone di accedere ai mezzi di sussistenza, crea una scarsità artificiale.

Più soldi si accumulano, più questi trucchi diventano possibili, sia che si tratti di risorse naturali, conoscenza o manodopera. In un mondo in cui tutto diventa potenzialmente una merce (ovvero qualcosa che può essere comprato e venduto), il pensiero razionale privilegia le attività lucrative rispetto ad altre attività.

Perché dovresti lasciare che qualcuno usi il tuo appartamento gratuitamente se puoi affittarlo su Airbnb? Questo è il trucco:quando hai bisogno di soldi per soddisfare i tuoi bisogni, sei costretto a diventare un capitalista.

Frenata di emergenza

Questo desiderio di fare soldi ci spinge a trasformare sempre più risorse naturali in merce. I guadagni che le aziende possono fare sono infiniti mentre la quantità di natura a disposizione è sempre più scarsa.

L’immagine più chiara per illustrare questo concetto è quella dei profitti record delle compagnie di combustibili fossili mentre le condizioni climatiche peggiorano sempre di più.

La decrescita potrebbe fungere da frenata di emergenza a questo circolo vizioso, sostiene Saito, “ponendo fine all’incessante sfruttamento sull’umanità e allo scempio ambientale”.

Il mondo accademico definisce la decrescita come uno sforzo pianificato democraticamente per ridurre i livelli di produzione e consumi al fine di alleggerire le pressioni ambientali. La parola democratica è importante: l’idea è di farlo in modo da ridurre le disuguaglianze sociali e migliorare il benessere di tutti.

È difficile immaginare che ciò accada all’interno del sistema capitalista, un sistema che deve continuamente espandersi e generare sempre di più. E questo è il fulcro dell’analisi di Saito: il comunismo ha molte più probabilità di raggiungere questi obiettivi.

Saito ritiene che un’economia interessata a soddisfare i bisogni umani abbia maggiori probabilità di evitare di produrre spazzatura. Togliendo dall’equazione la dicotomia diventare ricchi o morire, molti beni e servizi ad alto impatto ambientale smetterebbero di essere necessari o desiderabili. Saito continua la sua analisi e lo definisce come “un ridimensionamento consapevole dell’attuale sfera delle necessità”. Questo termine marxista descrive ciò che consideriamo i nostri bisogni essenziali. Sotto il comunismo decrescente, questa sfera si restringerebbe, per escludere cose e attività che non giovano al benessere umano o che non contribuiscono alla sostenibilità.

Sotto quest’ottica è possibile organizzare il lavoro in modo diverso. Si porrebbe fine al modello industriale per cui bisogna produrre qualcosa il più a buon mercato possibile sacrificando la sicurezza e la piacevolezza insita in uno sforzo condiviso.

Invece di competere per la quota di mercato, le aziende potrebbero cooperare per raggiungere obiettivi comuni come il ripristino della biodiversità. Ridurre l’importanza data al fare soldi libererebbe le società per migliorare tutte le cose che oggi banalizziamo perché non sono redditizie.

Una tale economia potrebbe essere più lenta e ridotta in termini di denaro, ma sarebbe più sostenibile e più efficace nel fornire benessere, che è di per sé la funzione dell’economia.

Verso una società post-scarsità

Il libro di Saito ha un approccio fresco perché aiuta a porre fine a una vecchia faida tra, da una parte, i socialisti che confidano che le nuove tecnologie e l’automazione del lavoro possano offrire un’economia sempre di crescita ma con maggiore tempo libero e, dall’altra, coloro che sostengono un socialismo senza crescita.

Invece di far crescere costantemente l’economia rendendo sempre più risorse proprietà privata e quindi vendibili, Saito propone di condividere la ricchezza ed il benessere che abbiamo già creato. Inaugurando un nuovo modo di vivere, in cui le persone possono permettersi di dedicare meno tempo e sforzi alla produzione di merci e rivolgere la loro attenzione verso le cose che contano davvero per loro, ciò che i marxisti chiamano il regno della libertà. Questo processo dovrebbe iniziare, sostiene Saito, con il ripristino della salute degli ecosistemi terrestri, che rappresentano la base per tutto il resto.

Non più ossessionati dal denaro, potremmo beneficiare dell’abbondanza di ricchezza sociale e naturale, in un’ottica al di fuori del consumismo. Immagina di scambiare i nuovi smartphone che escono sul mercato ogni anno con ecosistemi rigogliosi, fiorenti spazi comuni e democrazie che finalmente avremmo il tempo di vivere e partecipare.

Saito dà nuova vita alle idee marxiste con il suo libro, evidenziando come ci possa essere vita oltre l’estrazione di risorse, la produzione e il consumo senza fine. Come sostiene lo stesso autore, questo libro non poteva arrivare in un momento migliore:

“Sebbene non sia mai stato riconosciuto durante il XX secolo, il concetto di comunismo decrescente di Marx è oggi più importante che mai perché aumenta le possibilità di sopravvivenza umana nell’Antropocene.”

 

La copertina del nuovo libro di Kohei Saito