Di Francesco Zevio

La lotta ormai simbolicamente legata a Sainte Soline (minuscolo comune francese nel dipartimento delle Deux-Sèvres), che vede opporre varie associazioni e sindacati al progetto di costruzione di mega-bacini, ha ormai un’eco internazionale. Se durante la prima manifestazione, tenutasi lo scorso ottobre, non si sentiva parlare che francese, nella manifestazione di qualche giorno fa non era raro imbattersi in attivisti intenti a conversare o a maledire il fango in altre lingue. Ma ciò non riguarda solo la presenza di gruppi e militanti d’altri paesi. Il giorno prima della manifestazione vera e propria, infatti, una sala del comune di Melle ospitava rappresentanti del movimento internazionale Via Campesina, un agricoltore del Mali e membri della Confédération paysanne (sindacato francese d’agricoltori e allevatori impegnati in pratiche non industriali) in una conferenza che puntava a mettere in luce il carattere internazionale e pluridimensionale della questione dell’acqua. Il successo di tale manifestazione, consistente prima di tutto nella capacità di toccare e mobilitare tante persone – oltre 30 mila secondo gli organizzatori – e realtà differenti, ha forse qualcosa da insegnare alla Decrescita.

(Non voglio pronunciarmi sulla manifestazione in sé, sul livello di violenza raggiunto quel giorno o più in generale sulla situazione politica francese. Per questo sono stati scritti e saranno scritti altri articoli. Nel momento in cui scrivo, due manifestanti sono tra la vita e la morte: il tempo ci dirà se ad avere ragione sono i vari rappresentanti del governo o gli organizzatori della manifestazione, la Lega dei diritti dell’uomo e i numerosi osservatori delle pratiche della polizia presenti sul campo).

Cosa può insegnarci questa lotta? Forse questo: che nella prospettiva della celebre transizione o del “cambio di paradigma” espressi in seno al movimento è necessaria la convergenza di tre dimensioni necessarie: i) attivismo militante, ii) teorie della Decrescita, iii) forze economico-corporative che non si riconoscano nella logica produttivistica industriale. Il convergere della prima e della terza dimensione – rappresentate rispettivamente da movimenti come Les soulevements de la terre o Bassines non merci e dalla Confédération paysanne – è chiaro nel movimento francese contro i mega-bacini: ed è uno dei motivi che lo rendono estremamente significativo.

A Sainte Soline non s’è trattato di sabotare un certo progetto per il gusto del sabotaggio, o ancora di manifestare per astratte rivendicazioni di giustizia climatica: ma s’è trattato di contrapporre coscientemente un preciso modello d’agricoltura (l’agroindustria) ad un altro (la cosiddetta agro-ecologia), un’idea di società e di futuro ad un’altra. Questo ha fatto in modo che, uniti nell’assumere e condividere tale contrapposizione, attivisti e parte del mondo agricolo raggiungessero la forza necessaria non solo per opporsi alla riproduzione della logica industriale incarnata nel progetto dei mega-bacini, ma anche per pretendere dal mondo politico il riconoscimento di un’altra logica, sostenuta da un’ampia base democratica. Una logica che – a mio avviso – le teorie, il pensiero della Decrescita potrebbero contribuire a definire e a delineare ancora più precisamente.

La convergenza di queste tre dimensioni – attivismo, teorie della Decrescita, forze economiche alternative – formerebbe la base, il blocco ideale da cui partire per strappare spazio, sia mentale che materiale, alla logica produttivistico-industriale attualmente egemonica; per decolonizzare sia l’immaginario che il territorio. È a partire dalla stabilità di un simile blocco – quindi dalla sua capacità di formulare quanto più precisamente e di difendere quanto più efficacemente le proprie rivendicazioni – che è possibile pretendere l’attenzione della politica, o metterla con le spalle al muro (a questo proposito, per esempio, mi viene da pensare al proclama di sovranità alimentare dell’attuale governo italiano: tale proclama non dovrebbe tradursi in un supporto da parte dello Stato di pratiche agro-ecologiche, o ancora in leggi e aiuti che sostengano l’istallazione di uomini e donne che vogliano intraprendere questo genere d’attività?). Aspettare che la politica venga a noi è inutile, è una strategia fallimentare. Gli argomenti più convincenti, più filosoficamente e scientificamente inoppugnabili non sarebbero capaci di persuaderla: e se pure si ammette che ciò possa accadere, comunque non è il caso di formulare una qualsiasi strategia che si voglia efficace basandosi su questa (remota) possibilità. La politica, e più in generale le varie istituzioni, agiscono perlopiù e come per forza inerziale nel senso della riproduzione della logica egemone: e la nostra logica non è egemone. Non basta gridare “il re è nudo”… ogni tanto è necessario opporsi e rivoltarsi – anche fisicamente – ai moti, agli eccessi della sua libidine.

La Decrescita dovrebbe identificare le lotte più atte a far convergere forze diversificate, quindi fare in modo di legarle organicamente e sostenerle con ogni mezzo possibile, impegnandosi in pieno. La lotta per l’acqua è una lotta capace di dar vita a una tale convergenza: e un’organizzazione quale Via Campesina fa apparire la presenza e l’alleanza di quella parte del mondo agricolo che si contrappone alle pratiche agro-industriali come un altro elemento essenziale. E in effetti la questione dell’acqua – della sua gestione, della necessità di salvaguardarla da tentativi d’accaparramento – oltre ad essere intimamente legata alla questione delle pratiche agricole (a sua volta intimamente legata alla crisi ecologica), ha la virtù di raccogliere intorno a sé e di far convergere realtà, gruppi, vocazioni e rivendicazioni diverse. L’opposizione a progetti che minaccino questo elemento assume insieme un carattere d’estrema concretezza e d’universalità. Il potenziale pedagogico di una tale opposizione è grandissimo: a partire da un fatto concreto è possibile delineare ed estendere teoricamente, nei suoi elementi essenziali, l’insufficienza e l’irrazionalità paradossale di una logica molto più pervasiva della nostra società, quindi di contrapporvi gli elementi essenziali di un’altra logica – la nostra – con il suo nucleo di valori etici, di contribuiti teorici e di proposte pratiche.

A partire dall’identificazione di precise lotte e rivendicazioni, i membri della Decrescita dovrebbero estendere al massimo la loro rete di relazioni con gruppi di attivismo militante e di pratiche economiche alternative, nella prospettiva di una convergenza quanto più estesa possibile. Niente di nuovo: ma quel che è accaduto a Sainte Soline ci permette di ricordare quanto sia necessario riconoscersi e poi tendersi la mano, tendersi la mano e poi stringere, stringere e non mollare.