COMUNICATO STAMPA: L’Associazione per la decrescita aderisce allo sciopero globale per il clima del 23 Settembre e comunica le proprie considerazioni in vista delle elezioni del 25 settembre.

 

L’Associazione per la decrescita aderisce allo sciopero globale per il clima del 23 Settembre 2022 ed invita tutti i soci e simpatizzanti a partecipare attivamente allo sciopero in ogni città. Ci uniamo a tutte/i le/i giovani che scenderanno in piazza e alla loro lotta per la giustizia climatica e sociale, e ci mettiamo a  disposizione sui territori per chi voglia costruire e agire nella cultura politica della decrescita, della pace e della nonviolenza.

Inoltre, essendo questo sciopero a soli due giorni prima delle elezioni politiche in Italia, l’Associazione per la decrescita supporta l’Agenda Climatica di Fridays for Future Italia, a cui aggiunge le seguenti proprie considerazioni, emerse con forza anche durante l’incontro di Venezia del 7, 8 e 9 settembre “Decrescita, se non ora quando?”

In generale, i movimenti per la decrescita, al pari di altri gruppi e movimenti di cittadinanza attiva (movimenti ecologisti, femministi e intersezionalisti, postcoloniali, antispecisti che praticano forme di grassroots politics) hanno maturato un giudizio molto critico sui sistemi elettorali della democrazia rappresentativa liberale. Non solo per la torsione maggioritaria delle leggi elettorali che deformano la rappresentanza a discapito della proporzionalità e nemmeno – questione ancora più grave – per la “scalabilità” dei seggi da parte dei gruppi economici più influenti tramite cospicui finanziamenti diretti e indiretti a partiti, correnti, fondazioni, singoli candidati, ma per la logica stessa che presiede il meccanismo elettorale che incentiva la delega, separa governanti e governati, riduce il ruolo del cittadino-elettore a spettatore-tifoso, crea  un ceto politico professionale più attento a riprodursi piuttosto che alle sorti del bene comune.

Del resto, la progressiva disaffezione degli elettori segnala quanto profonda sia la “spoliticizzazione” dei cittadini. Tanto che il sistema democratico rappresentativo è stato più volte definito, da osservatori obiettivi, “malato”, persino “morto”. L’astensionismo è certo un fenomeno complesso, ma è diventato patologico specie tra i giovani e le fasce sociali più svantaggiate. Ciò delegittima ab origine le decisioni dei governi.

Al pari di molti altri movimenti sociali di base, i gruppi che sostengono la decrescita ritengono che l’unico modo per rianimare la democrazia sia realizzare più democrazia. La prospettiva è quella della democrazia locale, di impianto municipalista e confederalista. Realizzabile decentrando, spostando in basso i luoghi della decisione, favorendo con coraggio ogni forma e istituzione di autogoverno e di autodeterminazione delle comunità locali. Facendo affidamento con coraggio alle sensibilità delle persone e delle comunità e sulle loro capacità di interpretare e soddisfare le loro autentiche esigenze. Questa è la vera riforma di struttura istituzionale che ci attendiamo. Riconsiderare le fondamenta stesse dell’idea di democrazia, le sue prassi e le logiche funzionali delle sue istituzioni provando a considerare una logica di riconoscimento e interdipendenza tra popoli, generi, generazioni e specie. In linea con i principi della nostra Costituzione e delle carte internazionali dei diritti varate dopo la Seconda guerra mondiale.

Pur avendo maturato un giudizio critico sull’attuale funzionamento delle istituzioni democratiche rappresentative, sappiamo bene che molte decisioni continuano a passare attraverso le aule parlamentari. Non possiamo quindi essere indifferenti ai modi con cui si formano le rappresentanze e le maggioranze.

Per questa ragione l’Associazione per la decrescita, pur essendo un’organizzazione di tipo culturale (che opera nelle prospettive della nonviolenza del post-colonialismo, dell’indigenismo, dell’ecosocialismo, del femminismo, nonché delle discipline di studio della giustizia ambientale e dell’ecologia politica, in una logica di convergenza) e non avendo certo l’obiettivo di partecipare direttamente alle contese elettorali, è altresì impegnata a creare un soggetto politico che, nei limiti delle possibilità date, ambisce ad incidere efficacemente sui processi rappresentativi e decisionali. Le elezioni tra questi.

Ci rivolgiamo quindi ai partiti e ai movimenti che si presenteranno alle elezioni del 25 settembre chiedendo loro di occuparsi dei temi della pace, del clima, delle diseguaglianze secondo i valori della giustizia, della sobrietà, della semplicità volontaria, del consumo critico e dell’economia solidale.

Nelle condizioni date dell’Italia contemporanea, nel pieno di una crisi sistemica planetaria, le nostre preoccupazioni sono molto pesanti.

Da parte di molte forze politiche è entrato in uso contrapporre gli interessi immediati dei ceti popolari (un reddito certo, un tenore di vita dignitoso, una prospettiva di lavoro buono per i propri figli) con quelli della salvaguardia delle condizioni di abitabilità del Pianeta (riscaldamento climatico, accesso alle risorse idriche, inquinamenti, ecc.). Un gioco sporco che vogliamo denunciare e respingere con forza che mira a mantenere lo status quo costringendo le persone come lavoratori/trici a sopportare condizioni di lavoro sempre più precarie e insoddisfacenti e le stesse persone, questa volta nella veste di abitanti, a vivere in ambienti sempre più degradati e inquinati.

Sarebbe invece del tutto possibile (oltre che necessario) tenere assieme le due esigenze (giustizia sociale e sostenibilità ecologica) avviando urgentemente una grande conversione tanto degli apparati tecnologici e infrastrutturali (decarbonizzazione), quanto dei modelli di consumo nella direzione dell’equità e della sobrietà, della sufficienza e del bastevole.

È  però certo che una simile inversione di rotta (“ecologia integrale”) può avvenire solo se la cultura politica prevalente abbandonerà la convinzione (sempre più fallace e controproducente) secondo cui la qualità della vita delle persone deve dipendere dalla crescita economica permanente ed esponenziale misurata in valore monetario (Pil). Ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che la qualità della vita dipende sempre più dall’accesso ai mezzi di produzione e ai servizi comuni (ambientali, sociali, economici) piuttosto che dal loro possesso individuale ad uso esclusivo. Dovrebbe anche essere evidente come in un pianeta con risorse limitate e popolato da otto miliardi persone, la crescita non sia più possibile (il tanto propagandato disaccoppiamento tra crescita e impatto ambientale è una vera e propria chimera) e vada considerata la causa prima delle crisi ambientali, delle guerre e dei conflitti tra i popoli.

Trent’anni e più di neoliberismo economico, di individualismo egoistico, di competizione sfrenata tra aree geografiche, stati, imprese e persino tra individui ha aumentato le ingiustizie sociali, saccheggiato le risorse naturali e aumentando (aumentato) le conflittualità geopolitiche.

È quindi necessario entrare urgentemente nell’ordine di idee di un cambiamento radicale delle forme di produzione, allocazione e utilizzazione della ricchezza sociale collettiva. In definitiva, avviare un vero processo di trasformazione del paradigma socio economico dominante del capitalismo di mercato, come “predicato”, sostenuto e affermato da decenni da teorici, studiosi ed attivisti della decrescita.

Sciopero per il clima e elezioni