Di Giulio Torello

La minaccia dell’estrazione delle terre rare, ultima chiamata per invertire la rotta. 

Il 20 novembre 2023, durante il webinar online “Rare Earth elements, their role in the green transition, organizzato tra gli altri dalle piattaforme EJAtlas, Debt Observatory in Globalization e CRAAD-OI Madagascar, ha avuto luogo la presentazione della mappa riguardante 28 conflitti che coinvolgono “terre rare” sul portale dell’atlante globale del conflitti ambientali (https://ejatlas.org/featured/rees-impacts-conflicts-map), ovvero quei 17 elementi sulla tavola periodica (tra cui neodimio, lutezio e litanoidi), oggi indispensabili nella produzione di veicoli ibridi, superconduttori e fibre ottiche.

La ricerca, a cui chi scrive ha partecipato nella documentazione dei casi in terra spagnola, ha cercato di approfondire un tema di vitale importanza e attualità, che si colloca perfettamente nella spaccatura metabolica che contraddistingue l’economia industriale mondiale, dove solamente il 10 % dei materiali estratti viene riciclato. 

La ricerca di terre rare, specialmente in terre europee, ha acquisito un incremento rilevante  a seguito dello European Critical Raw Material Act), annunciato dalla presidentessa della commissione Europea Ursula Von Der Leyen nel 2022, in cui si evidenzia l’importanza fondamentale di litio e terre rare e la necessità di evitare nel futuro prossimo un’ulteriore dipendenza energetica dalla Repubblica Popolare Cinese (principale esportatore mondiale di Terre rare), studiando piani strategici per quanto riguarda tutta la filiera, dall’estrazione alla rifinitura, fino ad arrivare al riciclo”.  

Ma questa non è stata l’unico atto istituzionale incentrato sul tema delle terre rare, poiché nel 2023, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha incorporato i progetti sulle terre rare all’interno del suo Defense Production Act, mettendo in luce un’altra funzione delle terre rare: la fabbricazione di marchingegni militari quali missili di difesa, sistemi di guida missilistici e sistemi di comunicazione tra gli altri (come già riportato dallo United States Geological Survey)

Ma quali sono i rischi apportati dalle terre rare? E perché è necessario parlarne? 

Innanzitutto, è importante ricordare che le principali fonti di terre rare sono minerali come Monazite e Ilmenite. Quando si pensa a elementi straordinariamente insoliti creati dalla natura, il pensiero non può non andare a queste. Per quanto non si possa negare che ci sia un’abbondanza relativamente alta sulla crosta terrestre, la loro estrazione non è stata ampiamente considerata prima dello sviluppo di tecniche di separazione, poiché generalmente si trovano in uno stato di aggregazione/fusione (anche con altri minerali come il litio) tra di esse che ne rende molto difficile e costosa la pratica. Oltre a ciò, risultano scientificamente provate la radioattività e reattività del prodotto, oltre che la totale impossibilità di riciclo. I primi ritrovamenti risalgono al 1948 in India, per poi dipanarsi al Sudafrica alla Cina e al Brasile, fino a differenti parti del mondo come Spagna o Madagascar. La Cina ad oggi è il principale esportatore al mondo, con il 70 % della produzione di terre rare nel mondo (210.000 tonnellate), seguito da Stati Uniti (14 %) e Australia (6%). 

 Il primo cantiere di produzione e processamento delle terre rare si trova a  Bayan Obo (Cina),  il maggior deposito di terre rare del pianeta, dove nel 2019 si è prodotto il 45 % delle terre rare nel mondo. In questo contesto avanzatissimo nella produzione di terre rare si è consumata una vera e propria catastrofe ambientale, poiché decenni di attività estrattiva hanno causato la severa contaminazione del suolo e l’acqua della zona con metalli pesanti, fluoro e arsenico, avvelenando gravemente l’ecosistema e gli abitanti del luogo.  Come sostiene il Debt Observatory in Globalization (ODG) nel rapporto sulla mappa delle terre rare, i risultati di questo di questo esperimento dovrebbero fungere da campanello d’allarme verso i pericoli di contaminazione radioattiva di questi elementi, ma purtroppo le potenze mondiali sembrano virare nella direzione opposta. 

Dalla Spagna, infatti, arriva uno dei due casi da me analizzati, riguardante la zona di Campos de Montiel (Ciudad Real, Castilla la Mancha) Questo caso, il cui progetto risulta al momento sospeso, presenta alcune considerazioni non ignorabili. L’impresa Quantum, incaricata del progetto in un quadro di indipendenza energetica europea, aveva presentato un piano specifico di separazione della monazite dal suolo (a detta dell’ impresa, “come scavando una piscina”), che successivamente ha incontrato l’opposizione e l’allarme della sezione locale di “Amigos de la Tierra”, che ha sottolineato l’inapplicabilità del metodo di separazione, poiché la tecnica di rimozione e di successivo riposizionamento del suolo di coltivazione (di cui la zona di Campos de Montiel è ricca) riguarderebbe lo stesso strato di terra e provocherebbe una potente fuga radioattiva nell’aria, nonché una dispersione di residui acidi difficili da gestire e la compromissione della biodiversità. In  un altro caso più sviluppato (la base di Toliara, Madagascar, dove è in corso un ambizioso progetto di estrazione ad opera della compagnia australiana Base Research), oltre ai rischi ambientali già menzionati (a cui si aggiunge tristemente la contaminazione dell’acqua), si aggiunge il rischio di compromissione dell’abitabilità (20 case presenti in prossimità) ma anche delle risorse, in quanto migliaia di persone possiedono fattorie e terreni coltivabili nella zona. La compagnia inoltre avrebbe distribuito del cibo come forma di risarcimento alle famiglie del luogo, creando dei dubbi riguardo alla volontà dell’impresa di “compiacere” la popolazione e distrarla dall’azione estrattiva. 

Questi sono solo due esempi dei rischi che la corsa alle terre rare porterebbe alle popolazioni del mondo, creando tra l’altro aspettative spesso ambigue come la creazione di posti di lavoro (che spesso non riguarda le popolazioni colpite in quanto neanche specializzate in quei settori) e l’esclusione delle popolazioni locali dai processi decisionali. 

Di fronte a quest’ultima frontiera dell’estrazione, viene spontaneo chiedersi quali efficaci alternative si possono proporre a queste azioni. 

Riprendendo la spiegazione entropica dell’economia, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un picco nella produzione di metalli e minerali, che sono in rapido esaurimento. 

Come ha spiegato un editoriale di Joan Martinez Alier (El Nacional, 2023) ci troviamo di fronte ad una spaccatura metabolica, in cui l’economia mondiale, oltre a non poter riciclare materiali, compromette le vite quotidiane e talvolta uccide le popolazioni e non fornisce risposte riguardo a dove riporre i residui senza procurare catastrofi naturali.  Inoltre, per ovviare al fabbisogno che il paradigma della crescita richiede, si guarda a nuovi elementi la cui natura risulta devastante per le numerose forme di vita del pianeta. 

L’ EJAtlas anche su questo ci viene in aiuto, in quanto ci mostra in più di 4.000 conflitti ambientali le proposte che vengono portate avanti da attivisti, comunità locali e indigene, la cui partecipazione ha permesso la sospensione dei progetti in più di 600 conflitti documentati. 

Come ha sostenuto Mariana Walter (ricercatrice e direttrice dell’EJAtlas) durante il wbinar, soluzioni provengono dalla conoscenza endogena delle comunità, così come dalla riparazione delle tecnologie indigene, scevre dalla complessità delle tecnologie moderne e in armonia con la natura e gli ecosistemi.  Questo processo ovviamente deve andare di pari passi con processi di de-accumulazione e de-industrializzazione, favorendo approcci decisionali orizzontali che favoriscano il lavoro e l’apporto di ogni individuo coinvolto, senza alcuna distinzione.  

La ricerca delle terre rare rappresenta l’ultimo stadio dei processi estrattivi, quindi la necessità sempre più urgente di implementare un’alternativa che ricomponga l’amplissima voragine tra la natura e la società. 

Potete trovare la mappa qui ed il documento in inglese qui

Bibliografia:

Temper, L., Demaria, F., Scheidel, A. et al. The Global Environmental Justice Atlas (EJAtlas): ecological distribution conflicts as forces for sustainability. Sustain Sci 13, 573–584 (2018). https://doi.org/10.1007/s11625-018-0563-4

EJAtlas, Craadi-Oi, ODG, Institute for policy studies (2023) Mapa de los impactos y los conflictos de las tierras raras, rapportoRhttps://odg.cat/wp-content/uploads/2023/11/Mapa-impactos-conflictos-tierras-raras.pdfos

EJAtlas (2023), Rare Earth Elements Impacts and Conflicts Map/ Mapa de los impactos y conflictos de las tierras raras  https://ejatlas.org/featured/rees-impacts-conflicts-map 
USGS, Rare earths statistic and information, https://www.usgs.gov/centers/national-minerals-information-center/rare-earths-statistics-and-information
Van Gosen, B.S., Verplanck, P.L., and Emsbo, Poul, 2019, Rare earth element mineral deposits in the United States (ver 1.1, April 15, 2019): U.S. Geological Survey Circular 1454, 16 p., https://doi.org/10.3133/cir1454

European Commission, Critical Raw Materials Act (2023), Ensuring secure and sustainable supply chain for EU’s green and digital future https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_1661

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Martinez Alier J. (2023) El decrecimiento a la practica: los conflictos ambientales en el sur global, El Nacional https://www.elnacional.cat/oneconomia/es/opinion/decrecimiento-practica-conflictos-ambientales-sur-global-joan-martinez-alier_1051281_102.html