Comunicato 8.6.2020

La più grande crisi economica dal secondo dopo guerra ad oggi si profila all’orizzonte. Le stime realizzate dall’Istat mostrano una contrazione del Pil del 4.8% realizzatasi già nel primo trimestre 2020, mentre Confindustria prevede una riduzione del 10% che si verificherà entro giugno 2020. In confronto la crisi del 2008, con il suo misero -2.8%, sembra una lieve recessione.  

Migliaia di piccole e medie imprese italiane rischiano di non riaprire mai più le loro saracinesche, con tutte le conseguenze sull’occupazione, schiacciate dalla crisi innescata da un lockdown prolungato e dalla concorrenza dei giganti dell’e-commerce che hanno banchettato in questa surreale circostanza. In questa desolante situazione FCA Italia chiede un prestito garantito dallo stato pari a 6.3 miliardi di euro per gestire le sue attività in seguito alla gigantesca contrazione del mercato automobilistico. Richiesta che potrebbe sembrare legittima, se non fosse per il dettaglio che la controllante di Fiat, FCA S.p.A. (con sede legale in Olanda!), avrebbe sufficienti risorse proprie per ottenere un prestito di tale entità attraverso il tradizionale canale bancario (Banca Intesa), quindi senza dover pesare sui contribuenti, o per finanziare direttamente la controllata italiana al fine di permetterle di continuare le sue attività. Questa sciagurata richiesta è ulteriormente aggravata alla luce di una clausola dell’accordo di fusione tra FCA e la casa francese Peugeot, che prevede la distribuzione di un maxi dividendo da 5 miliardi di euro tra gli azionisti delle Fiat! Inoltre, questo dividendo sarà completamente esentato dal regime fiscale italiano: detto più semplicemente, non un solo centesimo di questi 5 miliardi di euro verrà versato nelle casse italiane. Alla faccia della disoccupazione e della povertà dilaganti in tutta la penisola, con qualche milione di persone che dopo lo stipendio di fine febbraio non ha ricevuto che un’elemosina da 600€, tante altre ancora in attesa della cassa integrazione, e altri milioni esclusi da ogni forma di sussidio.

Guardando alla storia meno recente, dal 2012 la Fiat non ha mai rispettato un impegno di investimento in Italia: questo non vuol dire che non abbia mai investito nel nostro Paese, ma che al netto dei numerosi finanziamenti pubblici di cui ha beneficiato ha sempre investito di meno sul territorio nazionale di quanto avesse promesso.

In Italia ci sono migliaia di imprese, al contrario di FCA, con sede legale e fiscale in Italia (quindi che pagano le tasse in Italia!) che sono in una preoccupante crisi di liquidità ma che sono costrette a passare per il canale bancario tradizionale, il quale le sottopone a verifiche, controlli e burocrazia semi-infinita, mentre FCA riesce ad ottenere un finanziamento garantito dallo stato italiano con corsia preferenziale nonostante:

  • non abbia mai rispettato gli impegni di investimenti in Italia;
  • avrebbe risorse proprie tali da poter gestire la situazione senza appesantire la collettività;
  • distribuirà ai suoi azionisti un maxi dividendo esentasse da 5 miliardi di euro entro il prossimo anno.

L’Associazione per la Decrescita non critica solo l’ineluttabile evidenza che FCA non dovrebbe richiedere un prestito garantito dallo stato di tale entità in un momento di grave crisi, che solo in Italia sta colpendo milioni di persone e migliaia di imprese, ed allo stesso tempo staccarsi sfacciatamente un dividendo di 5 miliardi di euro, ma lancia un appello contro l’ennesima stortura di un sistema economico completamente in balia di giganti multinazionali che hanno la presunzione di fare il bello e il cattivo tempo a scapito dei contribuenti. Dagli anni ‘80 FCA delocalizza selvaggiamente, tagliando migliaia di posti di lavoro in Italia, sfruttando manodopera a basso costo nei paesi dell’est europeo ed accaparrandosi finanziamenti pubblici e diventando allo stesso tempo così rilevante per l’economia italiana da convincersi di essere too big to fail; quindi in grado di ottenere, attraverso qualcosa di molto simile al ricatto, qualsiasi tipo di finanziamento e aiuto economico da parte della collettività alla faccia di tutte le piccole imprese che devono arrancare sulle proprie gambe. Inoltre, quello automobilistico è un settore industriale saturo e in fase declinante, che mostra da decenni rendimenti decrescenti e che punta su un mezzo di trasporto non sostenibile. Al posto di incentivare nuovi mezzi di trasporto, finanziando piccole e medie imprese innovative, il governo italiano sceglie discrezionalmente di sostenere un settore dell’economia obsoleto, ad elevato impatto ambientale e destinato ad incidere sempre meno sull’economia italiana.

L’Associazione per la Decrescita denuncia questa ennesima stortura – tipica di un modo arrogante e ricattatorio di fare economia, – invitando a favorire  un’economia più  giusta e rispettosa dei soggetti locali più piccoli,  sostenibile, basata sul mutuo aiuto e sulla condivisione e dunque più umana, condannando questo privilegio accomodato al grande capitale che premia ancora una volta i più ricchi trascurando i più deboli.

Per L’Associane per la Decrescita:

Mauro Bonaiuti